A trentasei giorni esatti dall’ultima partita giocata (quella casalinga contro Roseto) e con ancora tante incognite su quello che sarà il futuro, abbiamo fatto una chiacchierata con il Presidente Giancarlo Nicosanti, per analizzare il momento e per fare un bilancio della stagione prima che venisse interrotta dall’emergenza sanitaria.
Presidente, partiamo dall’attualità: come sta vivendo questa quarantena? “Stiamo vivendo un momento difficile e con tante incertezze. Io per primo sono blindato in casa, nel rispetto delle normative, ma soprattutto delle altre persone. Sto vivendo anche la difficoltà di gestire un’azienda che oggi ha deciso di chiudere per tutelare la salute degli oltre 5000 dipendenti che lavorano tra gli uffici e i 250 negozi che abbiamo. Non è una situazione semplice, ma va rispettata in tutto e per tutto”.
A tal proposito, ci si interroga sul futuro. E tra i tanti interrogativi rientra anche la stagione di basket. “Ora la cosa più importante è la salute delle persone, mi ripeto ma vorrei che passasse questo messaggio. Per prima cosa dobbiamo mettere in sicurezza il Paese e contenere l’epidemia, ognuno portando il suo mattoncino, stando in casa. È vero che la pallacanestro fa parte della quotidianità di ogni appassionato, ma oggi ci sono altre priorità. Il mio pensiero è che sarà difficile continuare la stagione, però faremo di tutto per fare in modo che il campionato possa concludersi, se questo sarà possibile: sarebbe anche un bel messaggio, significherebbe che il Paese sta uscendo da questa situazione”.
In questi giorni, chiuso in casa, come si interfaccia con il coach e con il GM? “Con Renato e Sandro ci sentiamo spesso, a volte per fare il punto della situazione sugli aspetti legati alla pallacanestro, altre volte anche solo per fare due chiacchiere sulla quotidianità. È fondamentale in questo momento mantenere le relazioni e i contatti, quindi ci telefoniamo spesso, scambiamo opinioni, dialoghiamo”.
Torniamo al basket giocato: c’è qualche rimpianto per il fatto che si sia dovuta interrompere una stagione che vedeva Forlì al secondo posto in classifica? “Ovviamente sì. Per la prima volta eravamo secondi in classifica, venivamo da un periodo decisamente positivo e stavamo entrando in buona condizione nella parte finale del campionato. Mi dispiace perché ci stavamo togliendo delle soddisfazioni, e poi c’era la Coppa Italia…”
A proposito di Coppa Italia, le pesa non averla giocata? “Abbastanza. È una competizione brevissima, che dura pochi giorni e può dare veramente grandi soddisfazioni. Avremmo avuto il vantaggio di giocarla vicino a casa, con il supporto e il sostegno di tanti nostri tifosi, e di conseguenza con buone possibilità di fare un percorso importante”.
Stavamo vivendo il picco più alto dalla nascita della Pallacanestro 2.015? “Il campo stava dicendo che stavamo vivendo quel “salto di qualità” che era nei nostri programmi ad inizio stagione, per continuare ad avere ambizioni importanti. Nel corso di questi anni abbiamo sempre fatto un “upgrade”, anche con sacrifici economici da parte della Fondazione, ma sempre con il piacere di vedere tanti tifosi al seguito che ci sostengono durante le partite con il loro calore ed il loro affetto”.
Continuiamo questo bilancio: una delle cose che più le ha dato soddisfazione in questi sette mesi: “L’amalgama che si è creato all’interno del nostro ambiente. Ripenso a quando, uscendo da partite perse anche inaspettatamente, la squadra e la Società sono rimaste unite: non dimenticherò mai come abbiamo vissuto quei momenti e come ne siamo venuti fuori positivamente. Penso che tutto ciò rimarrà tra le cose belle di quest’anno, da portarsi dietro anche per le prossime stagioni”.
Ed una che cancellerebbe? “Il rammarico più grande è la gara d’esordio persa in casa con Ravenna. C’era il clima giusto, tanti ragazzini all’Unieuro Arena con la presentazione del settore giovanile, ed eravamo avanti a 3 minuti dalla fine, poi sappiamo come è andata… Però anche quella partita ha insegnato qualcosa, il “non mollare mai”: in questo caso riguarda l’ambito sportivo, ma è anche la metafora della quotidianità che diventa decisamente attuale in questi giorni”.
La cosa che le manca di più? “L’attesa della domenica: la partita è bella, sono quaranta minuti in cui si soffre, si gioisce, ci si entusiasma e si è pienamente coinvolti. Ma l’attesa durante la settimana, quando si fa il “conto alla rovescia” sui giorni che mancano alla gara, mi manca davvero tanto”.
Un messaggio da mandare ai tifosi e a chi costantemente è al fianco della squadra? “In questo momento ai tifosi voglio dire solo una cosa: stiamo a casa, dobbiamo avere disciplina. Questo è il momento di rispettare le regole, che significa avere rispetto anche delle altre persone”.
Presidente, ultima cosa: nei giorni scorsi sui social è stato lanciato un contest per scegliere il quintetto ideale. Ci dice il suo? “Non posso non partire da Rod Griffin, perché è stato chi mi ha fatto appassionare alla pallacanestro, poi ci metto Bob McAdoo perché è stato un giocatore che non si è mai più rivisto in Italia per sua classe unica, aggiungo Niccolai uno degli italiani più forti che abbiamo avuto a Forlì, e poi Landsberger, un atleta serio e schivo ma un vero “toro” in campo, e concludo con Toto Forray, la “garra” in campo: esattamente quello che vorrei sempre vedere negli occhi dei giocatori, ricordo bene un Play off giocato con una mano rotta”.
FONTE: Ufficio Stampa Unieuro Forlì