La storia di alcuni dei numeri di maglia più significativi dell’esistenza dell’Olimpia prosegue con il numero 11 ritirato in onore di Dino Meneghin.
La storia del numero 11 non è solo una storia legata all’Olimpia. Da quest’anno l’11 figura tra i numeri ritirati dal club, in onore di Dino Meneghin. Ma per capire meglio questo percorso occorre spostarsi a Varese. L’11 dell’Ignis nella stagione 1965/66 era un americano bianco di nome Toby Kimball che avrebbe giocato circa una decina di anni nella NBA. Nella sua prima stagione professionistica però Kimball era a Varese e indossava il numero 11. Alla fine di quella stagione, in prima squadra arrivò un’ex promessa del lancio del peso, tale Dino Meneghin. “Non è che mi chiesero esattamente quale numero volessi, ero l’ultimo arrivato, l’11 era disponibile, quindi me l’hanno dato”, racconta Dino.
Ma con il tempo, Meneghin si accorse che – fatto probabilmente casuale – l’11 era un numero comune a molti altri centri. “Mi ricordo Zidek, Tkachenko… diventò il numero dei grandi pivot, un fatto di cui ero orgoglioso”, dice. Meneghin avrebbe giocato con il numero 11 tutta la sua carriera. Lo stesso fece un altro grande centro italiano: Renzo Vecchiato.
Vecchiato, classe 1955 (Meneghin è del 1950), ha giocato con l’11 in tutte le squadre in cui ha militato, ad eccezione della Nazionale: ad esempio agli Europei del 1983 quando l’Italia vinse la medaglia d’oro europea per la prima volta nella sua storia, Meneghin aveva l’11 e Vecchiato il 13. Ma a Torino, a Pesaro, Vecchiato aveva l’11 che già indossava nelle due stagioni di inizio carriera che trascorse proprio all’Olimpia dal 1976 al 1978. Vecchiato arrivò a Milano quando vinse il campionato di A2 nel 1977, poi fece un anno discreto in A1 con il raggiungimento della semifinale di Coppa Korac, persa contro il Bosna Sarajevo. Nell’estate del 1978, Vecchiato tornò alla Stella Azzurra Roma da cui proveniva, lasciando libero l’11. A quel punto l’11 lo prese CJ Kupec, il grande bomber della Banda Bassotti, che lo tenne due anni.
Nel 1981, l’Olimpia acquistò da Varese proprio Dino Meneghin e l’11 in automatico andò sulle sue spalle restandovi fino al 1990 quando – chiuso un ciclo – si spostò a Trieste (e lo riprese quando chiuse la carriera all’Olimpia nella stagione 1993/94). Milano ripartì con Mike D’Antoni in panchina e un nuovo centro, Cozell McQueen, che giocò un anno discreto con il numero 11. La stagione successiva arrivò a Milano da Torino il povero Darryl Dawkins e anche lui giocò con il numero 11. In cinque anni in Italia, Dawkins ha tirato con l’81.8% dal campo: nessuno nella graduatoria di tutti i tempi figura nei suoi paraggi. E i 19 rimbalzi che catturò nella semifinale di Eurolega contro il Partizan rappresentano ancora oggi record di tutti i tempi per una Final Four.
Nel 1987 però a Milano arrivò Bob McAdoo. Nella sua carriera NBA, McAdoo aveva sempre indossato la maglia numero 11 (al college aveva il 35). Era successo a Buffalo dove fu MVP della Lega, poi anche a New York, Boston, Detroit, a Philadelphia e negli anni trascorsi ai Los Angeles Lakers quando vinse due titoli NBA. McAdoo voleva l’11 a Milano, solo che l’11 era di Meneghin. “All’inizio non ero felice di rinunciare al numero che mi aveva accompagnato in ogni momento della mia carriera NBA – ha ammesso di recente Bob – poi quando ho conosciuto Meneghin ho pensato che nessuno più di lui lo meritava. Mi ha reso orgoglioso”. McAdoo sarebbe tornato a giocare con l’11 a Forlì, dopo i quattro anni trascorsi a Milano.
Fonte: ufficio stampa Pallacanestro Olimpia Milano