Ci sono personaggi che sono il simbolo di un movimento, non solo a livello locale. Personaggi che, negli anni, hanno guadagnato stima, rispetto e considerazione con il duro lavoro e tanta passione, spesso cominciando con il basket in ‘tenera età’. Questo è il caso di Roberto Paciucci, attuale Responsabile del Settore Giovanile del Frassati Ciampino (Serie C Gold Lazio), premiato nel dicembre scorso dalla Fip ‘Allenatore Benemerito‘, che la redazione di Tuttobasket.net ha avuto il grande piacere di intervistare, per una chiacchierata davvero interessante.
Cominciamo da questo periodo, difficile per tutti. Roberto, come hai passato la quarantena? Quali iniziative avete intrapreso come squadra con i ragazzi?
“Dal punto di vista personale, ho passato la quarantena come tutti gli italiani; dentro casa, rigorosamente chiuso e ligio al dovere. Con i ragazzi ci sentivamo costantemente in video chiamata, e devo dire che si sono comportati in modo davvero carino, soprattutto i più piccoli (2008-09), mandandomi i video dei loro allenamenti da casa, con gli esercizi che gli ho insegnato durante l’anno. Tutto davvero gratificante, poiché vuol dire che sono entrato un po’ nel loro cuore. Certo, per questi ragazzini tutto quello che è successo è stato un trauma; un’esperienza brutta per tutti, immaginiamoci per dei bambini, chiusi quattro mesi dentro casa.
Con il Frassati abbiamo ricominciato proprio lunedì (29 giugno, ndr). Avendo a disposizione alcuni edifici scolastici, chiaramente e per i problemi ben noti le scuole non ci avevano dato la disponibilità ad utilizzarli. La scorsa settimana, il preside di una scuola dove lavoro ci ha dato l’ok per usare la palestra e, a nostre spese, abbiamo provveduto alla sanificazione degli ambienti. Ci stiamo allenando con tutto il settore giovanile fino agli esordienti (2009 ndr), due ore al giorno tutti i giorni, con un’ora di tecnica e l’altra di atletica, rigorosamente con non più di cinque ragazzi per metà campo. Abbiamo istituito dei turni di allenamento, preparando dei percorsi obbligati di ingresso e di uscita dalla palestra, mentre gli spogliatoi non li facciamo utilizzare, chiedendo a tutti i ragazzi di farsi la doccia a casa. Inoltre si presentano con il pallone personale, fornendolo noi a coloro i quali ne erano sprovvisti.
Purtroppo, al momento stiamo facendo solo allenamenti che consistono in tiro e palleggio, dato che praticamente non si può fare null’altro. Abbiamo cominciato però un progetto importante con il preparatore atletico delle giovanili, che approfitterà di questo periodo per conoscere meglio i ragazzi, di modo che a settembre, sperando di poter tornare alla normalità, saprà come lavorare a livello atletico su ognuno di loro. Tutti si stanno comportando bene, anche i genitori, che hanno apprezzato i nostri sforzi“.
Secondo te, in ambito sportivo si sta facendo tutto il possibile per tornare quanto prima alla normalità?
“Io credo di si, essendo nell’interesse di tutti. Certo, è pur vero che esiste questo contrasto assurdo che al calcio viene permesso tutto, e agli altri sport no; sappiamo però che in Italia non si può prescindere dal calcio, con il giro d’affari che si ritrova. C’è anche della confusione a dirla tutta, ma io ragiono sempre nell’ottica di far lavorare in pace chi di dovere, vedendo cosa decide e solo poi valutare in un senso o nell’altro. Per me la Federbasket sta facendo quello che purtroppo adesso può fare, sperando però che lo faccia in modo chiaro, perché ripeto c’è un po’ di confusione. Altro aspetto per me importante, dovrebbe esserci un po’ più di aiuto alle società; ho paura che, a causa di questa crisi, molte realtà spariranno o rischieranno di farlo“.
Come detto in apertura, attualmente ricopri il ruolo di Responsabile del Settore Giovanile del Frassati Ciampino. Quali sono gli obiettivi che ti sei posto, assieme alla società?
“Anche se è nata nel 1983, il Frassati è una società che in passato ha sempre fatto basket a livello praticamente amatoriale e giovanile. Qualche anno fa, invece, fecero il Campionato di Promozione e, nell’arco di un quinquennio circa, sono arrivati in Serie C Gold, arrivando anche ad essere presenti ai Playoff negli ultimi due. E avrebbero partecipato anche quest’anno, se non si fosse fermato tutto. Sono cresciuti in fretta come prima squadra, ma non in maniera adeguata come giovanili e minibasket. Due anni fa, al termine dei miei sei anni ad Ostia con le Stelle Marine, il direttore sportivo Fabio Cecchetti mi ha chiesto di spostarmi a Ciampino. Non però per ‘ricostruire’ il settore giovanile, ma per ‘costruirlo’.
E da lì siamo partiti, inizialmente con due soli gruppi di giovanili e minibasket; poi, in poco più di metà anno, siamo arrivati ad avere sei squadre di giovanili e sei gruppi di minibasket. La società ha accolto tutte le mie richieste, come un preparatore atletico solo per le giovanili e un responsabile del minibasket, ovvero Walter Mancini, istruttore nazionale minibasket, davvero bravo. Dobbiamo investire sugli istruttori e gli allenatori del settore giovanile. Ne abbiamo presi altri e ce li stiamo costruendo in casa. Io ho sempre ragionato così: I buoni allenatori li devi mettere nel settore giovanile; nelle prime squadre vi sono giocatori già fatti, che vanno solo gestiti; per insegnare il basket e le sue regole, quelle dello sport e i principi, devi piazzarci allenatori esperti, navigati, importanti.
Ai miei dirigenti dico sempre che devono considerare più importante il settore giovanile e il minibasket che la prima squadra. Questa i soldi li toglie; le giovanili e il minibasket sono quelli che vi fanno campare, sia economicamente che a livello di risorse, potendo aiutare la prima squadra. Il prossimo anno, infatti, molti giovani verranno inseriti nella squadra di C Gold. Riguardo il progetto della prossima stagione, ho chiesto che ogni annata debba affrontare due campionati. Per esempio, gli Under 13 dovranno fare sotto età anche il campionato Under 14; di questi ultimi, alcuni dovranno affrontare sotto età anche il campionato Under 15; e via dicendo. Due campionati, quindi, uno dell’annata specifica e l’altro sotto età per acquisire esperienza“.
Quant’è difficile fare scouting a Roma e dintorni?
“È molto difficile. In primis per i genitori che, per quanto importanti a quei livelli, spesso combinano danni. Soprattutto se il ragazzo è bravo, lo portano via, preferendo altre destinazioni e non rispettando il lavoro che stavi facendo con il figlio. Fare scouting a Roma è difficile anche perché c’è una gran concorrenza tra le società. Negli anni ’90, quando allenavo nella Messaggero Roma (l’attuale Virtus, ndr) ricordo che c’era una rivalità spietata tra le varie società capitoline, e all’epoca eravamo poche; adesso è tutto ancor più esasperato ed è difficilissimo collaborare. C’è una usanza che a me non piace per niente, vale a dire che, in caso di collaborazione tra due società, ognuna si allena i suoi ragazzi. Quando mi è capitato di avere giocatori provenienti in prestito da altre parti, come alle Stelle Marine, io li ho sempre allenati come se fossero miei, anche perché potevano aiutare tutto il resto dei ragazzi nel migliorare. Davvero, non concepisco questi comportamenti“.
Roberto, diamo adesso uno sguardo alla tua carriera, davvero lunga e ricca di soddisfazioni. Partiamo dall’inizio, ovvero da quando, a 17 anni, hai cominciato ad allenare. Puoi raccontarci come è successo?
“A 17 anni mi ruppi un ginocchio e mi ricoverarono in ospedale. Non mi venne a trovare nessuno e ne soffrii tanto… Piansi pure. Una volta guarito decisi di smettere di giocare e di diventare allenatore, non volendo far passare ai miei ragazzi quello che avevo passato io. Io ho due figlie e sono felicissimo, ma sono solito considerare i miei giocatori i figli maschi che non ho. Sono cresciuto a pane e pallacanestro e ho avuto la fortuna di vivere un periodo ricco di grandi allenatori. Quando sono poi arrivato a livelli diciamo più alti, come il periodo al Messaggero Roma, ho avuto l’onore di conoscere maestri come capi allenatori: su tutti Giancarlo Primo, il professor Vito Guerrieri, cioè personaggi che hanno fatto la storia della nostra pallacanestro e non solo“.
Hai avuto una carriera davvero varia, giusto?
“Negli anni ho allenato in campionati vari, come Serie B, Serie C1, spesso nelle giovanili e anche in campo femminile, che ritengo un passo importante e formativo per la carriera di un allenatore. Le ragazze hanno tanto da insegnare, il rispetto innanzitutto; avvertono molto il fatto di essere allenate da un uomo, ti rispettano molto e te devi rispettarle, ti insegnano come comportarti con loro. Se le vai a genio, loro giocano per te; se invece non va così, sono terribili, peggio dei maschi. Anche in campo sono molto più cattive e anche vendicative. Sai quante volte mi è capitato di bloccarne qualcuna che voleva andare a menare un’altra? Tra maschi, bene o male, ci si manda a quel paese e finisce lì; tra donne no, anzi.
Detto ciò, ripeto, la ritengo un’esperienza davvero utile e ho anche avuto le mie soddisfazioni. Otto anni fa, quando allenai Pomezia nel mio ultimo campionato femminile, ottenemmo la promozione in Serie A2 e in squadra avevo gente come Giulia Ciavarella, poi diventata Campionessa del Mondo nel 3 vs 3, Lucrezia Costa, Giulia Prosperi… Insomma, perle giovanissime poi diventate brave. Mi hanno fatto crescere molto“.
Nell’introduzione abbiamo ricordato quando, poco prima di Natale 2019, la Fip ha voluto premiarti, nominandoti ‘Allenatore Benemerito’. Che sensazioni hai provato?
“Per me è stata una grande soddisfazione, un bel riconoscimento. L’unica cosa negativa è che mi ha fatto sentire vecchio… Scherzi a parte, mai mi sarei immaginato, quando cominciai 43 anni fa ad allenare, che un giorno avrei ottenuto un tale premio. Inizialmente ero convinto fosse uno scherzo e questo dissi a Francesco Martini, Presidente del Comitato Regionale Fip Lazio: ‘Senti Francé, prima che faccia una figuraccia, a me è arrivata una lettera… Che è uno scherzo?’. Lui mi rispose: ‘Macché scherzo, sono stato io a nominarti’, e aggiunse tante belle cose su di me, che mi tengo stretto“.
Che tipo di avventura fu quella al Messaggero Roma?
“Molto bella e tutto nacque per caso. Ero molto giovane ed allenavo ad Ostia, alle Stelle Marine (sempre un crocevia importante per la mia carriera, ndr), sia le giovanili che la prima squadra, in Serie C. Una sera notai in tribuna Vito Guerrieri, che all’epoca allenava la Banco Roma, che quell’anno faceva la Coppa dei Campioni; io ricordo che lo feci notare al mio vice, e lui ipotizzò che fosse lì per seguire qualche nostro ragazzino. Due domeniche dopo, quando tornammo a giocare in casa, mi accorsi che Guerrieri era di nuovo lì; e la cosa si ripeté ancora. Quando poi a giugno il Banco Roma mi chiamò, mi dissero che Guerrieri venne a visionare me, come mi comportavo in partita, come la gestivo e cose simili.
Allora c’era il centro sportivo di Settebagni, un vero modello. Ricordo che entrai in campo con la squadra Allievi e prima di noi c’era la Serie A; mi tremavano le gambe e non sapevo cosa dire o far fare a quei ragazzini. Invece fu l’ambiente più bello, semplice, familiare, onesto, in definitiva migliore, che ho trovato in carriera. Sei anni bellissimi, con ricordi indelebili e soddisfazioni. Poi ne sono arrivate altre ovviamente, allenando altrove, e un pezzo del mio cuore non può non essere alle Stelle Marine. In totale ho in bacheca quattro campionati a livello di ‘grandi’, sette di giovanili, due finali nazionali… Ho allenato anche ragazzi poi arrivati in Serie A e anche in Nazionale, qualcosa ho fatto dai. Ho sempre cercato di fare del mio meglio, ovunque sia andato. Lo stesso con il Frassati, dove ho trovato un altro ambiente davvero bello”.
Cos’è l’NBC Camps Italia?
“È il più grosso camp di basket italiano e sono quattro anni che rivesto il ruolo di Responsabile dell’Area Tecnica. Una kermesse internazionale, dove vengono allenatori e giocatori da tutto il mondo. In due settimane di camp, a Castel di Sangro, giungono la bellezza di 200 atleti. Un impegno che, nei preparativi, mi prende tutto l’anno e, in quelle due settimane specifiche, gestiamo 100 ragazzi a settimana, con due ore d’allenamento al mattino ed altrettante al pomeriggio, assieme a personaggi davvero di alto livello. L’anno scorso ci fu Antonello Riva ad esempio“.
Roberto, sei una persona impegnata nel sociale e, in particolare, nel basket per disabili. Come ti sei avvicinato a questo mondo?
“Anche in questo caso nacque tutto casualmente, quattro anni fa. Un mio amico allenatore, Mimmo Biello, mi parlò di una società di Formia, la Basket 4Ever, gestita dall’ex giocatore Nicola Santoro, impegnata nel basket per disabili, e mi chiese se mi andava di andare e dirigere un allenamento. Io accettai ma, una volta lì, probabilmente non mi rendevo conto di cosa volesse dire trovarsi davanti trenta ragazzi con sindrome di Down; lì per lì mi bloccai, non sapendo cosa fare. Mi aiutarono quei meravigliosi ragazzi, che reputo superiori a noi in tutto.
Diressi quell’allenamento con otto assistenti e, da quel momento, ogni anno li vado a trovare; ormai sono diventato uno di loro ed è sempre una festa. Da questa esperienza, insieme a Rossella De Maria, degli Ostia Warriors, è venuta fuori l’idea di farli venire ad Ostia per un’esibizione di domenica pomeriggio. Fu un successo incredibile, con la palestra delle Stelle Marine piena di gente. Tutto ciò mi ha spinto a seguire più da vicino il basket per disabili, che riguardi ragazzi con sindrome di Down oppure autistici o altro. A Roma, e ne sono contento, c’è tanta attività in questo senso“.
Con altri soci stai lavorando ad un progetto chiamato ‘Infernetto Bears’. Puoi parlarcene?
“Ho formato questa società vicino Ostia, l’Infernetto Bears appunto, con la quale cominceremo da zero e faremo attività a livello di giovanili, lavorando nel contempo molto sul sociale. È prevista anche la creazione di una ONLUS che si occuperà di far praticare il basket ai disabili e, più in generale, il sociale sarà privilegiato. Non so se riusciremo a prender parte a qualche campionato quest’anno, ma ci stiamo adoperando con tutte le nostre forze, anche costruendo un nostro palazzetto. Forse riusciremo a metter su una Under 18 e, con la stessa, partecipare anche ad un campionato di Promozione. Nell’Infernetto non alleno, mi occupo di direzione tecnica, coordinando e parlando con gli allenatori; un impegno dirigenziale insomma“.
Si ringrazia per la cortesia e la disponibilità Roberto Paciucci e la società Frassati Ciampino.