Amedeo Della Valle è stato protagonista di una lunga intervista con Fabrizio Salvio su “Sportweek”, affrontando tematiche di tutti i tipi e partendo da una citazione del suo profilo Twitter ‘Perdi il cento per cento dei colpi che non tiri, perciò continua a sparare’: “È una frase di Wayne Gretzky, il grande ex hockeista. Rappresenta il mio modo di giocare, la mia personalità in campo, ciò che cerco di trasmettere all’esterno: la sensazione che io non abbia mai paura di niente, in qualsiasi situazione. Non vuol dire che sia arrogante, ma di sicuro non sono remissivo. Pau­roso, appunto”.

Questo tipo di atteggiamento ADV ce lo ha nel DNA: “Sono sempre stato così, un gio­catore d’istinto, ma negli anni l’ho perfezionato, diciamo così. Oggi non sono più solo un tira­tore, cerco di fare altre cose: distribuisco più assist, coinvol­go di più i compagni, ho mag­giore fiducia in loro anche in virtù delle ore passate a guar­dare partite in televisione e dei confronti con l’allenatore. Io apprendo delle cose, dei concet­ti che cerco poi di passare agli altri. Ma la mia evoluzione in campo è figlia di quella che ho avuto fuori. Non mi è mai pesato mettermi in discussione. Sono uscito di casa a 14 anni per andare a gio­care a Casale, ho finito il liceo negli Stati Uniti, poi Reggio Emilia e Milano, dove sono finito in una situazione davvero difficile: al primo anno ho gio­cato poco o niente, al secondo mi sono ritrovato coach Ettore Messina, che mi aveva tagliato due volte di fila dalla Nazionale, prima del torneo preolimpi­co e poi alla vigilia dell’Europeo. Alla fine sono riuscito a costruire un bel rapporto con lui e penso di essere anche sta­to un giocatore determinante per l’Olimpia, almeno in certe partite. Ne vado fiero, perché da una battaglia che pareva persa in partenza sono stato capace di tirare fuori qualcosa di buono”.

Dopo le difficoltà e l’addio anticipato a inizio stagione a Gran Canaria, Della Valle ha raccontato qualche aneddoto sulla sua esperienza al Buducnost: “Ero il primo italiano a giocare nella Lega Adriatica, il campio­nato che raduna i Paesi della ex Jugoslavia. Soprattutto, andavo a farlo in un posto non voglio dire cupo, ma certamente dif­ficile. Un Paese antico, rimasto fermo al passato, al grigiore dell’epoca comunista. Ma la gente del Montenegro è fiera, orgogliosa, attaccata alla sua terra e alla maglia di chi la rap­presenta”. E in campo? “Una pallacanestro fisica, ruvida. Nei palazzetti c’era un’at­mosfera surreale. Ricordo la serie finale del campionato che abbiamo perso contro la Stella Rossa. In gara ­5, quella decisi­va, a Belgrado ci hanno lancia­to addosso di tutto. E non prima della partita: durante. In setti­mana, sui social, già me ne ave­vano dette di tuttii colori. In­sulti, minacce vere: ‘Non venire’,’ Morirai’. Proprio tranquillo non ero. Vivevo da solo, così chiedo ai dirigenti: posso stare tran­quillo? Rispondono: ‘Non pre­occuparti, lo fanno con gli stra­nieri perché i giocatori locali sono abituati e se ne fregano, ma poi non succede mai niente. E comunque, stai sereno: ab­biamo la scorta’. Insomma, è stata tosta ma anche un’esperienza che mi ha arricchito come uomo e giocatore”.

Infine, una battuta su chi tira più “pulito” tra Della Valle e Steph Curry: “Lui, lui (ride, ndr). Coach Milojevic, che avevo avuto al Buducnost ed è andato a fare il vice a Golden State, dove gioca Curry, mi ha mandato un messaggio: ‘Hai presente quello che fai tu in allenamento? Steph lo ripete in partita, in ogni zona del campo e a qualsiasi velocità’. In Italia c’è Logan che da 3 segna come me, solo che lui lo fa a quasi 40 anni”.

Comunicato a cura di: Sito Ufficiale Lega Basket Serie A