In una fase di incertezza e preoccupazione come quella che stiamo vivendo a causa della pandemia da COVID-19, ad un giocatore di basket (ma il discorso può essere allargato anche a tutti gli altri sport, soprattutto quelli di squadra), costretto come tutti a star chiuso in casa e a rispettare le direttive governative, non possono non mancare i vari aspetti del campo e della vita di spogliatoio. Anche quelli che, in tempi normali, passano sotto traccia o vengono dati assolutamente per scontati.
Pietro Aradori, intervistato da Stadio, ha parlato proprio di questo: “Cosa mi manca di più? Praticamente tutto. I compagni e lo spogliatoio, la gente, il basket. Sembrano cose scontate, ma non lo sono per niente. La cosa più difficile sarà riprendere confidenza con il pallone, rimettere in moto determinate sensazioni. Quel che conta adesso, però, è rispettare le regole. Al resto penseremo dopo“.
“Con i miei compagni sono in contatto continuo” – aggiunge il giocatore della Fortitudo Bologna – “Alcuni amici miei sono tornati negli Stati Uniti, mentre altri sono qui. Per passare il tempo e stare vicini l’uno con l’altro facciamo anche qualche diretta Instagram“.
Non può mancare l’argomento principale di queste settimane, ovvero la ripresa o meno della stagione, quando si dovessero presentare le condizioni: “Se si dovesse giocare anche d’estate per finire il campionato? Mi sta bene, non ci sarebbero problemi dal mio punto di vista” – dice Aradori – “Ma la domanda è: ha senso parlarne in questo momento? Viviamo ancora una situazione difficilissima e complicata, che rende arduo parlare di tutto ciò. Vero, potremmo riprendere a porte chiuse; farlo, però, equivarrebbe ad ammettere che ci sarebbero ancora grossi problemi là fuori. Quindi, perché noi dovremmo scendere in campo?“.